La Chiesa di San Pietro ha un interno molto armonioso, nel quale le immagini sacre che ornano le cappelle laterali risalgono – quasi tutte – all’epoca in cui l’edificio è stato aperto al culto; esse presentano perciò una notevole unità stilistica, pur nelle differenze dovute ai tanti e diversi artisti che vi hanno lavorato. Tuttavia, è necessario sapere che qualche cambiamento nel corso dei secoli è avvenuto, ed ha riguardato opere di notevole pregio artistico, compiute da artisti di grande fama. Citiamo in particolare il quadro con la “Consegna delle chiavi a Pietro” del veneziano Domenico Tintoretto (figlio del più famoso Jacopo), che dal 1825 si trova a Modena (Galleria Estense), e il “Martirio di san Giacomo e Giosia”, di Giovan Francesco Barbieri detto il Guercino, pittore emiliano molto attivo anche a Reggio: sono sue opere, ad esempio, il Crocefisso che fronteggia l’altare della Madonna nel Santuario della Ghiara, e la grande tela con la Madonna Assunta in cielo nel Duomo di Reggio (cappella Fiordibelli). Il Martirio di san Giacomo del Guercino è scomparso dal 1857, ed è stato sostituito dalla tela di uguale soggetto dipinta dal reggiano Tommaso Ottavi. Vediamo ora le caratteristiche di questo quadro, inserito nell’ancona di marmi policromi che già ospitava il quadro originario, nella seconda cappella a destra.

San Giacomo è uno dei dodici apostoli, fratello di Giovanni. E’ detto “maggiore” per distinguerlo da Giacomo figlio di Alfeo, un altro apostolo. Compare più volte nei Vangeli, per esempio nell’episodio della Trasfigurazione, e negli Atti degli Apostoli, dove si narra che fu il primo apostolo ad essere ucciso, per ordine del re Erode Antipa, a Gerusalemme. (Il primo martire in assoluto, cioè Stefano, non era uno dei Dodici). Altri testi di origine più tarda raccontano di un viaggio di Giacomo in Spagna, dove dopo molti secoli il suo corpo fu trasportato e sepolto nella località che da lui prese il nome di Santiago di Compostela (Jago = Giacomo). Il Santuario che vi sorge è da secoli meta di pellegrinaggi che seguono un percorso lunghissimo (il famoso Cammino di Santiago).

In uno di questi testi si racconta con molti particolari non verificabili l’opera di evangelizzazione svolta da Giacomo, che portò anche, poco prima della morte, alla conversione del giovane Giosia, che venne condotto al supplizio insieme a Giacomo.

Al centro del quadro è Giacomo, in età avanzata, con la barba bianca, col corpo in parte scoperto. E’ in ginocchio, e sotto la veste spunta un pezzo di una grossa catena. Il santo volge lo sguardo al cielo, mentre alle sue spalle il carnefice sta per vibrare il colpo con una grossa spada. Sulla sinistra, un po’ più indietro, vediamo un uomo giovane, anch’egli inginocchiato e incatenato, a capo chino, che ci volge le spalle: è Giosia. Sullo sfondo a sinistra, due uomini: uno potrebbe essere un cortigiano di Erode, l’altro un soldato, vicino al quale spunta una lancia. Lo sfondo è molto semplice, costituito da un pezzo di muro parzialmente distrutto e da una colonna troncata. Nel cielo sereno, un angelo porta i simboli del martirio, la palma e la corona.

Come si è detto, il quadro del Guercino è perduto. Vi sono tuttavia alcuni disegni preparatori e una incisione che riproduce il quadro. Dai confronti, è possibile vedere come il pittore Tommaso Ottavi abbia riprodotto l’opera del Guercino con una certa fedeltà ma anche con un tratto originale: Giosia, invece di essere rivolto verso di noi, è di spalle e a capo chino attende la morte. Il suo atteggiamento sottomesso e rassegnato contrasta con la serena dignità di san Giacomo.

S.L.

 

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