La quarta cappella a destra della Chiesa di San Pietro apostolo e san Prospero vescovo è chiamata Cappella dell'Epifania. Epifania vuol dire “manifestazione, rivelazione”, e con questo nome indichiamo la festività nella quale si ricorda la visita dei Magi a Betlemme: in quell'occasione il piccolo, sconosciuto Gesù viene appunto mostrato, “rivelato” ai sapienti venuti da lontano per cercarlo. Ma ci sono anche altre due importantissime occasioni nelle quali Gesù, ormai adulto, viene rivelato come figlio di Dio: il battesimo nel fiume Giordano ad opera di Giovanni Battista e il miracolo alle nozze di Cana. Perciò possiamo dire che tutti e tre i grandi dipinti di questa cappella rappresentano l'Epifania, ossia la manifestazione del Signore. Questa cappella ha una caratteristica che la rende speciale: è l'unica di tutta la nostra chiesa nella quale le tre pareti sono completamente ornate da dipinti. Se osserviamo le altre cappelle, vediamo che in esse vi è un solo dipinto, o un'immagine sacra, sopra l'altare, mentre nei due lati vi sono iscrizioni, lapidi, ma non dipinti.

Le Nozze di Cana

Lo sguardo di chi, provenendo dall'ingresso della chiesa, procede verso il presbiterio, viene attratto subito, naturalmente, dal quadro che si offre per primo all'osservazione, cioè “Le nozze di Cana”. E' un'opera di grandi dimensioni, dipinta dal reggiano Luca Ferrari, detto anche Luca da Reggio, nel 1649. Il vangelo di Giovanni (cap. 2) dice: “Tre giorni dopo [la chiamata dei primi discepoli], ci fu uno sposalizio a Cana di Galilea e c'era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Nel frattempo, venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno più vino». E Gesù rispose: «Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora». La madre dice ai servi: «Fate quello che vi dirà». Vi erano là sei giare di pietra per la purificazione dei Giudei, contenenti ciascuna due o tre barili. E Gesù disse loro: «Riempite d'acqua le giare» e le riempirono fino all'orlo. Disse loro di nuovo: «Ora attingete e portatene al maestro di tavola». Ed essi gliene portarono. E come ebbe assaggiato l'acqua diventata vino, il maestro di tavola, che non sapeva di dove venisse (ma lo sapevano i servi che avevano attinto l'acqua), chiamò lo sposo e gli disse:«Tutti servono da principio il vino buono e, quando sono un po' brilli, quello meno buono; tu invece hai conservato fino ad ora il vino buono». Così Gesù diede inizio ai suoi miracoli in Cana di Galilea, manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui”. (Gv 2, 1-11) Osserviamo ora il quadro di Luca Ferrari. Forse ci aspetteremmo di vedere al centro, o nella massima evidenza, Gesù. Non è così. Il nostro sguardo è colpito da un gran numero di figure dai colori vivaci, e solo in un secondo momento, forse, riusciamo a vedere Gesù, Maria accanto a lui, la sposa … Il pittore ha costruito la scena in modo originale, pur restando fedele al testo del vangelo. La figura più grande, che si vede quasi di spalle, ha l'atteggiamento di chi suona uno strumento (oggi sarebbe forse una chitarra); e l'uomo a sinistra dietro di lui è curvo su una tastiera. Al tempo di Gesù non c'erano tastiere, né chitarre (o liuti, come lo strumento che probabilmente è qui raffigurato, e che risale al Medioevo). Luca però vuole darci subito l'idea della festa: sono nozze, si mangia, si beve, si suona e si canta in onore degli sposi. Sempre nella parte bassa del quadro, più a destra vediamo dei grossi recipienti panciuti. Non sono di pietra, sembrano piuttosto di metallo ben lavorato. Un servo sta versando acqua in uno di essi. Accanto a lui, un personaggio seduto si volta incuriosito, mentre un altro in piedi sulla destra, vestito con eleganza, alza una coppa e fa un gesto di sorpresa: potrebbe essere il “maestro di tavola” che guarda verso l'alto, dove si trova la tavola con i commensali del banchetto. Infine, all'estrema destra, un servo e una donna si passano un vassoio. La rappresentazione della festa è completa. Ma se ci spostiamo nella parte superiore vediamo i personaggi più importanti. A tavola siede Gesù, vicino a Maria. Poco più in là una giovane donna con ricche vesti e gioielli, probabilmente la sposa, circondata da altre donne. Un uomo si trova alle spalle di Gesù. Potrebbe essere lo sposo. Osserviamo i gesti. Gesù con la mano destra indica i recipienti che sono più in basso, proprio mentre Maria gli sta dicendo qualcosa. Sembra di sentire lo scambio di parole tra la Madre e il Figlio che determina il miracolo dell'acqua trasformata in vino. Solo Gesù e Maria portano vesti semplici, come quelle che troviamo in tanti altri quadri: una tunica rossa, un mantello scuro che copre anche i capelli. Tutti gli altri invece hanno abiti elaborati, di colori vivaci, con particolari preziosi: abiti tipici dell'epoca del pittore, non di quella di Gesù. La scena, invece di essere ambientata nella casa modesta di un piccolo villaggio della Galilea, ha come sfondo una sala sontuosa, su due piani, con una grande colonna di marmo e un ricco tessuto drappeggiato al di sopra della tavola. Possiamo concludere che l'intenzione del pittore è stata di comunicare la sensazione del clima di festa: tante persone, musica, bevande... Invece non si è preoccupato di ricreare quello che probabilmente era il luogo reale, storico dove la vicenda si è svolta. Ha dato però rilievo agli elementi essenziali del racconto evangelico.

Il Battesimo di Gesù

Sulla parete opposta rispetto alle Nozze di Cana, Luca da Reggio ha raffigurato il battesimo di Gesù, altro grande momento di manifestazione della Sua divinità. Leggiamo il Vangelo di Matteo: “In quel tempo Gesù dalla Galilea andò al Giordano da Giovanni per farsi battezzare da lui. Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: «Io ho bisogno di essere battezzato da te e tu vieni da me?». Ma Gesù gli disse: «Lascia fare per ora, poiché conviene che così adempiamo ogni giustizia». Allora egli lo lasciò fare. Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui. Ed ecco una voce dal cielo che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento»". (Gv 3, 13-17) Rispetto alle Nozze di Cana, troviamo subito delle differenze importanti: il quadro non è affollato di personaggi, lo sfondo è luminoso e dà un'impressione di spazio aperto, e, soprattutto, Gesù è la figura centrale, che attira subito lo sguardo, accanto a Giovanni. Poco più indietro, sulla sinistra, ci sono due angeli; in alto, sempre sulla sinistra, emerge sopra le nubi Dio Padre con in mano una colomba: lo Spirito Santo. In questo quadro non dobbiamo fare congetture sui vari personaggi, non notiamo elementi in contrasto con l'epoca in cui è vissuto Gesù. Tutto è molto più semplice. Osserviamo con attenzione gli atteggiamenti. Gesù con un piede sfiora appena l'acqua mentre con l'altra gamba piegata si appoggia su una roccia: è quasi inginocchiato di fronte a Giovanni; gli tende una ciotola con la mano destra mentre con la sinistra si tocca il petto, nel gesto tipico di chi dice “io”. Giovanni tiene nella sinistra un lungo bastone terminante in una piccola croce, con un cartiglio (una specie di nastro) sul quale sono scritte le parole latine ECCE AGNUS DEI, ossia “Ecco l'Agnello di Dio”. E' un simbolo tipico di Giovanni Battista, che si trova in moltissimi quadri. Egli si rivolge a Gesù con la mano destra alzata, come chi sta rispondendo, forse con un accenno di rimprovero nell'indice teso. I due angeli, uno dei quali è visto di spalle, sembrano conversare tra loro: forse commentano quello che sta accadendo. Queste quattro figure sono immerse in uno sfondo naturale: il ruscello (il Giordano in realtà è un fiume, anche se non molto grande), la roccia, la vegetazione che si perde in lontananza, un grande albero che si innalza fino al margine superiore del quadro, degli arbusti alle spalle degli angeli. Ma la parte centrale mostra uno squarcio di cielo profondo e sereno, di un azzurro intenso che in basso si schiarisce e sembra illuminato dall'aureola dietro il capo di Gesù. I corpi di Gesù e di Giovanni sono di colore molto chiaro, e così pure i panni che coprono i loro fianchi. L'effetto di luminosità comprende perciò sia lo sfondo sia i personaggi in primo piano e risulta dominante nel quadro. Possiamo pensare che la luce naturale e quella spirituale si uniscano in un unico chiarore. Il pittore ha scelto di rappresentare un momento preciso, e ce ne rendiamo conto confrontando il dipinto con le parole del Vangelo: Gesù tende la ciotola a Giovanni perché con quella gli versi l'acqua sul capo, Giovanni sembra respingere la richiesta, mentre dall'alto il Padre assiste e si prepara a mandare lo Spirito per confermare la divinità di suo Figlio Gesù. Il Battesimo dunque non è ancora avvenuto, è sul punto di avvenire. L'assenza di altri personaggi umani contribuisce al clima di attesa e di silenzio che prepara la rivelazione.

L'adorazione dei Magi

Ci rivolgiamo ora al quadro che sta sopra l'altare, racchiuso in una cornice riccamente lavorata e in parte dorata. Rappresenta l'Epifania in senso stretto, ossia l'adorazione dei Magi. Il quadro attuale è una copia dell'originale di Camillo Procaccini, che fu il primo dipinto collocato nella cappella nel 1619 e vi rimase fino al 1783, quando fu trasportato a Modena, dove si trova tuttora nella Galleria Estense. E' necessario ricordare, a questo proposito, che Reggio appartenne al Ducato di Modena, retto dalla famiglia d'Este, dal 1409 al 1796. Altre importanti opere d'arte, commissionate da ricche famiglie reggiane per le chiese della città, furono trasportate poi a Modena o addirittura vendute a signori stranieri. Il caso più famoso è quello della Adorazione dei Pastori, opera del Correggio, che dal 1745 si trova in Germania, a Dresda. La sua collocazione nei due secoli precedenti era in San Prospero, dove ora c'è una copia. Ritorniamo alla nostra Adorazione dei Magi. Sfortunatamente, il quadro si presenta piuttosto scuro, e non è immediata la comprensione della scena. Anche in questo caso, il Vangelo di Matteo ci viene in aiuto. “Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra”. (Mt 2, 9-11) Vediamo sulla sinistra Maria, che tiene sulle ginocchia Gesù, e dietro di lei Giuseppe che guarda il bambino e con la mano fa un gesto che sembra di presentazione, come se dicesse: eccolo. Al centro, una figura di vecchio (con i capelli e la barba bianchi), inginocchiato in adorazione. Si è anche tolto il copricapo a turbante, in segno di rispetto. Più a destra, vediamo un uomo di carnagione scura, col turbante, e un altro, di spalle, con in testa una piccola corona. Il pittore dunque ha seguito la tradizione che ha interpretato i Magi (sapienti orientali) come re, e ha fissato il loro numero in tre, probabilmente perché tre sono i doni di cui parla il Vangelo di Matteo. Dietro di loro spuntano parzialmente alcuni personaggi senza nome, che osservano la scena. Uno addirittura si è arrampicato sulla base di una colonna, alla quale si tiene aggrappato nello sporgersi per vedere meglio. I doni non sono facilmente individuabili. Si nota soltanto un'urna in mano al personaggio di colore. La maggior parte dello sfondo è occupata dalla casa. E' forte il contrasto tra le due grandi colonne e la paglia che sporge da due ripiani posti tra esse. Possiamo osservare che anche qui il pittore non ha voluto rappresentare con fedeltà quella che doveva essere la casa di Betlemme; è stata prevalente l'intenzione di ambientare la scena in una cornice dignitosa, adatta a inquadrare la prima rivelazione di Gesù al mondo. Contemporaneamente, con quella paglia ha ricordato l'umile scena del presepe. A destra della casa vediamo uno squarcio di cielo, nel quale, molto in alto, si può scorgere una piccola stella cometa. Nel racconto di Matteo, la visita dei Magi è preceduta e seguita da altri due episodi che vedono al centro il re Erode. Questi due episodi sono raffigurati nei due dipinti che completano le pareti destra e sinistra della cappella.

L'incontro dei Magi con Erode

Matteo scrive: “Alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme e domandavano: «Dov'è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo». All'udire queste parole, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, s'informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Messia. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta […]». Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire con esattezza da loro il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme esortandoli: «Andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch'io venga ad adorarlo»”. (Mt 2, 1-8). Nel dipinto in basso a destra, il pittore ha raffigurato Erode, con la corona, che dalla destra si fa incontro ai Magi; il primo di questi ha una lunga veste con lo strascico sollevato da un servo, esattamente come Erode. Entrambi sono accompagnati da cortei di personaggi vestiti con abiti di vari colori e di fogge esotiche, come i copricapi a turbante. E' interessante notare sulla sinistra, un cane, un cavallo che sembra sfuggire al controllo e più dietro altri due cavalli con un carico sulla schiena. Il pittore (Girolamo Massarini, che è vissuto nel Seicento) ha aggiunto al racconto evangelico una quantità di particolari che danno vivacità e solennità alla scena.

La strage degli innocenti

Riprendiamo il testo del Vangelo di Matteo (2, 12; 16): “[Dopo aver adorato il bambino] Avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode, per un'altra strada fecero ritorno al loro paese. [qui si inserisce il sogno di Giuseppe che fugge in Egitto con Maria e Gesù]. Erode, accortosi che i Magi si erano presi gioco di lui, s'infuriò e mandò a uccidere tutti i bambini di Betlemme e del suo territorio dai due anni in giù, corrispondenti al tempo su cui era stato informato dai Magi”. Nel quadro in basso a sinistra il pittore Massarini rappresenta una scena di terribile violenza, dominata dai tanti corpi seminudi che sembrano intrecciarsi: i soldati di Erode si avventano sui bambini, le madri cercano disperatamente di difenderli, corpicini senza vita giacciono a terra. Braccia alzate, spade sguainate, volti deformati dall'ira o dallo spavento sono illuminati da una luce forte che permette di cogliere tanti particolari. A sinistra, sullo sfondo, si vede un altro gruppo più lontano nel quale si compie la stessa violenza. Un soldato con l'elmo a cavallo ed un altro cavallo che si vede solo in parte completano la scena. Anche in questo caso, il pittore ha rielaborato il sobrio racconto evangelico sottolineando l'orrore della vicenda.

S.L.

 

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